Trump moment per i nostri portafogli
Infine si abbatté, con tutta la sua forza, con tutta la sua grezzaggine, sui mercati: il Trump Moment.
Profondo rosso sui mercati di tutto il mondo con il nostro FTSE MIB che si presentava di questo bel colore:
Questo è il riepilogo della settimana di passione appena trascorsa:
- FTSE MIB: -10,56%
- Euro Stoxx 50: -8,73%
- S&P 500: -9,08%
- Nasdaq: -10,02%
- Russell 2000: -9,70%
Situazione quindi generalizzata con l’indice VIX che raggiunge livelli di elevati come in ogni crash che si rispetti, nonostante tutto comunque ancora lontano dai picchi del periodo Covid:
Trump moment per i nostri portafogli: un bel stress-test che metterà in evidenza punti di forza e di debolezza dell’asset allocation su cui hai puntato.
Lo so, ti piacerebbe che i mercati andassero sempre su, vero? E invece no! Purtroppo non funziona così.
Quando le quotazioni salgono per un periodo prolungato, la probabilità che l’andamento continui nella stessa direzione tende a diminuire.
I DAZI DI TRUMP
Dei dazi di Trump e delle loro conseguenze avevo già scritto in precedenza.
In mezzo al caos mediatico che ti suggerisce continuamente di agire, c’è un’opzione spesso dimenticata: non fare nulla. Se la tua asset allocation ti soddisfa e ti permette di raggiungere i tuoi obiettivi finanziari, restare fermo può essere la scelta più saggia da fare.
Quello che però abbiamo visto bene questa settimana è che i mercati odiano i dazi. Perché?
Il motivo principale sta nel fatto che, negli ultimi quarant’anni, una delle grandi forze trainanti dell’economia americana è stata l’espansione dei margini di profitto aziendali.
Le aziende hanno beneficiato di un mondo sempre più globalizzato, in cui era facile ed economico esternalizzare produzione e approvvigionamenti in Paesi a basso costo.
Questo ha permesso di aumentare i profitti e, di conseguenza, le valutazioni di nei mercati finanziari
I dazi imposti da Trump rischiano di smontare questo meccanismo in quanto non sono altro che una tassa che l’azienda importatrice paga alla frontiera.
E quella tassa deve essere gestita: o viene scaricata sui consumatori, o viene assorbita dall’azienda stessa, tagliando i margini.
In pratica, ci sono solo quattro strade:
- Aumentare i prezzi per i consumatori
- Ridurre gli investimenti o scaricare i costi sui lavoratori (cioè comprimere i salari)
- Ricostruire la filiera produttiva altrove (ma costa tempo e denaro)
- Assorbire direttamente il costo, penalizzando gli utili e quindi gli azionisti.
Fin dall’inizio del mandato, Trump ha chiarito di volere tassi di interesse bassi e, a differenza del suo primo quadriennio, non ha più legato il successo del suo mandato all’andamento del mercato azionario.
IL METODO TRUMP
Trump sapeva benissimo quale sarebbe stata la reazione dei mercati all’annuncio dei dazi: una corsa verso i titoli di Stato e un conseguente calo dei rendimenti, esattamente ciò che vuole e che va dicendo dall’inizio del suo mandato, se non da ben prima: è un uomo da bassi tassi di interesse.

Quindi metterà tutta la pressione possibile sulla Fed affinché tagli i tassi già a maggio, un altro suo obiettivo.
Inoltre, il timore di una recessione rende più probabile l’approvazione di nuovi tagli fiscali in Congresso.
Molti a Wall Street avrebbero preferito prima i tagli fiscali e solo dopo i dazi, ma da un punto di vista strategico non avrebbe avuto senso: colpire subito con i dazi, ben prima delle elezioni di metà mandato del 2026, permette a Trump di sfruttare la paura della recessione per ottenere sia i tagli fiscali che il taglio dei tassi.
È sorprendente che così tante persone si stupiscano del fatto che abbia davvero agito sui dazi, quando lo aveva annunciato in mille modi, fin dalla campagna elettorale.
Trump ripete le stesse cose sul commercio dagli anni ’80, usando esattamente lo stesso linguaggio.
La sua visione del mondo, e in particolare sulle negoziazioni, è chiarissima per chi ha letto il suo libro “L’arte di fare affari”.
Chi oggi si sorprende delle sue mosse e reagisce nel panico con cambi radicali di portafoglio, ha semplicemente fatto due cose sbagliate:
- una pessima due diligence sull’uomo Trump;
- una pessima pianificazione finanziaria.
Il commercio è probabilmente l’ambito in cui la sua retorica è stata più coerente nel tempo.
Durante il suo primo mandato è stato frenato, come più volte detto da Dario Fabbri nelle sue conferenze, da un deep state poco incline a concordare sulle politiche commerciali che lui voleva effettuare, ma ora lo abbiamo visto anche grazie alla decisione di affidarsi a Elon Musk, sembra molto più deciso a non farsi limitare di nuovo.
E questa intenzione è stata chiarissima fin dal 5 novembre.
Il punto è che, come investitore, devi confrontarti con il mondo e capirne i protagonisti per come sono, non per come vorresti che fossero.
Nella misura in cui permetti alle emozioni di prevalere sulla ragione, prenderai decisioni sbagliate.
Io mi aspetterei adesso che emergano delle trattative, seguite da nuove negoziazioni che si susseguiranno nelle prossime settimane.
Che siano sostanziali o meno, facile che Trump rivendicherà grandi “vittorie” e un po’ di sfumature inizieranno a filtrare nella politica.
Nel frattempo, le aziende ricalibreranno i loro piani a lungo termine cercando, dove possibile, di spostare le filiere produttive.
CONCLUSIONI
Concludo con una riflessione personale su questo Trump moment per i nostri portafogli: sarà che ormai, dopo più di dieci anni passati sui mercati, certe cose ho imparato a guardarle con più distacco.
Il -6,53% del FTSE MIB di ieri, per quanto brutto sia vedere i titoli nel portafoglio in rosso sangue, mi tange poco.
Ricordo ancora il crollo del 12,48% (sì, hai letto bene, non ho sbagliato le virgole: MENO DODICI PERCENTO) del giorno successivo al referendum sulla Brexit.
Anche allora era tutto un stracciarsi le vesti. Panico, titoli a effetto, fine del mondo imminente.
Eppure, sono passati quasi nove anni. L’indice italiano, che dopo quel crollo era sceso sotto i 16.000 punti, oggi, dopo il tonfo di ieri, è comunque sopra quota 34.000.
Più del doppio con un CAGR di quasi il 9%.
La lezione che possiamo trarne è la solita: se non hai un orizzonte di lungo periodo, probabilmente non dovresti investire in azioni. Punto.
E poi c’è un altro aspetto che continua a sorprendermi: il tifo da stadio che ormai domina ogni discorso, soprattutto in politica.
Tutto è bianco o nero, buoni o cattivi, zero possibilità di sfumature o compromessi.
Questo atteggiamento, purtroppo, contagia anche il mondo degli investimenti e influenza la psiche degli investitori più di quanto si ammetta.
Personalmente credo che chi vuole diventare un investitore più consapevole debba essere un “apòta“ in politica e un laico nel pensiero.
Pronto sì al confronto ma allergico ai fanatismi e distante da chi crede di avere il monopolio della verità.
Il punto finale che vorrei lasciarti è questo: il mondo non sta finendo.
Questa è solo una nuova fase, l’inizio di un processo più lungo, abbraccia il cambiamento (se lo sarà) con mente aperta.
Nel frattempo, ricorda che hai un potere enorme: quel tasto rosso sul telecomando. Spegni la TV o ogni altro mass media che ti bombarda con notizie allarmanti per venderti attenzione e ansia.
Lo stesso vale per i social, per le notizie che consumi ogni giorno.
Questo è il momento di disconnettersi.
Fatti una passeggiata in montagna, al mare, al lago, in collina. Viviamo in un paese meraviglioso, e a pochi chilometri da casa puoi trovare bellezza, pace e realtà.
Quella è la vera vita, non dare retta a chi vuole terrorizzarti a ogni respiro del mercato.
Il presente contenuto è ai soli fini didattici e di discussione, fai le tue ricerche prima di investire (do your own research before invest).
________________________________________________________________________
Se ti piacciono i miei contenuti e vuoi restare aggiornato, iscriviti alla mia newsletter mensile! E per contenuti extra e interazioni veloci, seguimi su X.com: @davyderosa