La lettera di Giovanni Tamburi 2025

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Giovanni Tamburi è spesso definito il “Warren Buffett italiano“. Con la sua Tamburi Investment Partners (TIP), adotta un approccio agli investimenti di lungo periodo, un metodo di cui molti parlano ma che solo pochi riescono a padroneggiare con successo.

Sebbene TIP non sia del tutto paragonabile a Berkshire Hathaway, quest’ultima infatti è una pura holding di partecipazione, mentre TIP offre anche servizi di advisory in operazioni di M&A, valutazioni aziendali, riorganizzazioni societarie e quotazioni in Borsa, esiste un altro elemento in comune tra Tamburi e Buffett: la lettera annuale agli azionisti.

Ogni anno, infatti, anche Giovanni Tamburi pubblica un’analisi dell’anno appena trascorso e le sue opinioni sulle prospettive future.

Gli spunti offerti nella lettera di Giovanni Tamburi 2025 sono particolarmente preziosi, poiché offrono uno sguardo sul mercato italiano e sulle aziende che vi operano.

Riflessioni che, fatte da un addetto ai lavori e che vede molte aziende dall’interno, possono fornire indicazioni utili sullo stato della nostra economia.

LETTERA DI GIOVANNI TAMBURI 2025

La lettera si apre con una riflessione sulla performance azionaria di TIP nel 2024, definita deludente nonostante i solidi risultati operativi del gruppo, le cui società partecipate hanno mostrato una solida performance industriale: 11 hanno registrato una crescita del fatturato, 8 sono rimaste stabili e solo 2 hanno subito un calo significativo.

Questi risultati si sono rivelati superiori a quelli della maggior parte delle aziende italiane ed europee comparabili smentendo, almeno in parte, il pessimismo diffuso sull’andamento del settore industriale.

Il mercato, però, ha avuto un’opinione diversa e sembra scontare ulteriore debolezza per il futuro. Di conseguenza, il titolo TIP ha chiuso il 2024 con una performance del -8%.

Prezzo azioni Tamburi Investment Partners 2024

Un risultato negativo in netto contrasto con il FTSE MIB, che, trainato soprattutto dal settore finanziario, ha chiuso l’anno in rialzo del 12,6%.

I PUNTI CHIAVE DELLA LETTERA

  • Private equity:

Per oltre trent’anni il private equity ha dominato il mondo delle fusioni e acquisizioni (M&A), diventando il vero motore delle operazioni finanziarie globali.

Oggi, però, qualcosa si è inceppato.

Il settore, che conta partecipazioni in quasi 30.000 aziende nel mondo, sta affrontando problemi strutturali sempre più evidenti: raccogliere nuovi capitali è diventato più difficile, le cessioni di partecipazioni sono complesse e costose, e l’accesso al credito per operazioni ad alta leva si è ridotto drasticamente.

E proprio queste operazioni, se ben riuscite, erano quelle che garantivano i migliori ritorni.

Il rischio? Un’intera industria che ha prosperato sull’acquisto e rivendita di aziende potrebbe dover fare i conti con margini sempre più compressi e una redditività in netto calo.

  • Il contesto macroeconomico:

Se il private equity fatica, il sistema creditizio non aiuta.

Nel 2024 molti si aspettavano un taglio deciso dei tassi da parte delle banche centrali, ma questo non è avvenuto.

E, ancora più preoccupante, non sembrano esserci segnali di una riduzione significativa nel breve termine.

I tassi di mercato si muovono spesso in controtendenza rispetto a quelli ufficiali, e l’andamento del treasury USA a 10 anni è la prova che l’incertezza regna sovrana.

In Italia, poi, il problema è ancora più evidente: negli ultimi tre anni i finanziamenti bancari alle imprese sono passati da 876 a 772 miliardi di euro, nonostante la ripresa economica post-pandemia.

Se questo trend continuerà, molte aziende si troveranno con meno liquidità del previsto, e i business plan costruiti su credito facile e costi più bassi potrebbero saltare.

  • Private debt e rischio occulto:

Con le banche sempre più caute nell’erogare prestiti, il private debt sta guadagnando terreno. Ma è davvero una soluzione?

Secondo Tamburi, il rischio è che molte aziende si rivolgano a questi strumenti non per scelta strategica, ma per necessità, perché escluse dal credito bancario tradizionale.

E questo, di per sé, è un segnale di debolezza. In più, molte operazioni di finanziamento prevedono meccanismi di pagamento differiti come Bullet e PIK loans, che rimandano nel tempo la vera esposizione al rischio.

Il problema è chiaro: quante aziende saranno davvero in grado di ripagare questi debiti?

E quante, invece, si troveranno in difficoltà, costringendo i creditori a rivedere i piani di rientro o, peggio, a dover classificare quei prestiti come NPL (non-performing loans)?

L’aumento delle richieste di composizione negoziata della crisi, oltre 900 solo nel 2024, suggerisce come il problema possa essere già ben presente.

  • M&A e valutazioni in discesa:

Con il private equity in difficoltà e il credito che si sta restringendo, era inevitabile che anche il mercato delle M&A ne risentisse.

I dati mostrano chiaramente un rallentamento delle operazioni su scala globale e, a meno di sorprese, non si intravedono segnali di rimbalzo nel breve periodo.

Il motivo? Semplice: da un lato c’è una pressione sempre maggiore a vendere, si parla di circa 3,5 trilioni di dollari di partecipazioni che i fondi di private equity dovrebbero dismettere, dall’altro le normative bancarie stanno diventando più stringenti, specialmente per le operazioni ad alta leva.

Anche le valutazioni ne risentono: i multipli EV/EBITDA sono in calo e le IPO non stanno certo brillando per performance.

Tamburi non usa mezzi termini: molti fondi di private equity avrebbero grosse difficoltà a spiegare ai loro investitori che il ventennale trend di crescita dei multipli si è invertito.

Questo significa che le aziende acquistate a valutazioni elevate potrebbero non valere più quanto sperato, e che le exit profittevoli saranno più difficili.

Un problema che mina alla base il modello su cui il private equity ha prosperato negli ultimi decenni.

IL FUTURO DI TIP

TIP ha sempre puntato su un approccio strategico agli investimenti, privilegiando operazioni di crescita industriale e commerciale attraverso acquisizioni mirate.

Lo dimostrano le numerose operazioni di add-on (che hanno lo scopo di consolidare o rafforzare la propria posizione di mercato) realizzate dalle società partecipate, un modello che il gruppo intende proseguire anche in futuro.

Questa strategia è resa possibile dai bassi livelli di debito di TIP e delle sue aziende, dalla loro solida crescita e dalla ridotta concorrenza da parte di investitori puramente finanziari.

Nel 2024, le società del gruppo TIP hanno generato un fatturato aggregato di oltre 25 miliardi di euro, con un EBITDA di circa 5 miliardi e oltre 100.000 dipendenti.

Tuttavia, alla luce del contesto macroeconomico incerto, è stato necessario rivedere attentamente le valutazioni delle partecipate. Da questa analisi è emerso che il valore intrinseco dell’attivo di TIP si attesta a circa 2,9 miliardi di euro, pari a 13,5 euro per azione.

Attenzione, però, a prendere questi numeri alla lettera.

È un po’ come chiedere all’oste se il suo vino è buono: il valore intrinseco è un dato importante, ma non sempre il mercato lo riconosce subito.

Tutte le società holding simili a TIP, mi vengono in mente per esempio Italmobiliare o Exor, trattano con uno sconto sul NAV.

Qualche anno fa poi, quando il valore stimato di TIP era di 12 euro per azione, il mercato si è fermato a 10.

Oggi, con un prezzo di circa 8 euro, anche a me il titolo sembra sottovalutato, ma come sempre, prima di premere il tasto buy, fai le tue valutazioni.

Dopotutto, il mercato può rimanere irrazionale molto più a lungo di quanto ci aspettiamo, sia in positivo che in negativo.

CONCLUSIONI

Per Giovanni Tamburi, l’attuale quotazione di TIP non ha senso.

Se si crede nell’Italia come paese produttore ed esportatore, poche opportunità offrono lo stesso livello di rischio così basso, abbinato a una solidità patrimoniale e finanziaria difficilmente riscontrabile altrove.

Certo, il rallentamento economico in corso potrebbe portare nel prossimo periodo a valutazioni ancora più basse pertanto non c’è fretta di effettuare nuovi investimenti.

Tuttavia, per i motivi già elencati in precedenza, il 2025 potrebbe segnare un ritorno di interesse verso le mid cap e una ripresa delle IPO.

Per chi ha progetti di sviluppo da finanziare infatti la Borsa potrebbe diventare una scelta obbligata.

Nel frattempo, TIP continua la sua strategia: aumento del dividendo, che passa da 0,15 € ad azione dell’anno scorso ai 0,16 € di quest’anno, e buyback delle azioni.

Segnali chiari di fiducia nel valore della propria azienda, in attesa delle giuste opportunità.

Il presente contenuto è ai soli fini didattici e di discussione, fai le tue ricerche prima di investire (do your own research before invest).

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