Dalla Cina con dolore
Più che furore in questi ultimi giorni direi che dalla Cina con dolore continuano ad arrivare notizie negative.
Il dolore ovviamente lo sente chi ha in portafoglio azioni di società cinesi che sono arrivate a perdere in un giorno anche il 10% della loro capitalizzazione.
Panic selling?
Può essere, sta di fatto che il governo cinese alla fine dell’anno scorso aveva già iniziato ad adottare delle misure nei confronti delle società cinesi che avevano spaventato gli investitori.
Se non ricordi alla fine del 2020 ci fu la tanto chiacchierata sospensione dell’IPO di Ant Group, la società fintech controllata dal colosso dell’e-commerce Alibaba.
La motivazione della sospensione contenuta nel comunicato diramato fu “cambiamenti di tipo normativo della tecnologia finanziaria”.
Ad aver scatenato le vendite di questi giorni invece sono state:
- la stretta del governo cinese nel settore dell’educazione;
- l’ordine delle autorità di regolamentazione a Tencent Holdings di porre fine ai contratti di esclusiva con i detentori di copyright musicale entro 30 giorni.
Il sell-off quindi è partito dalle società che operavano nel settore dell’educazione, come Tal Education Group e Gaotu Techedu, per poi allargarsi a tutte le altre società quotate in Cina (ma coinvolgendo anche la borsa di Hong Kong), tra cui, quelle che stanno facendo più notizia, sono stati i colossi della tecnologia Alibaba e, ovviamente, Tencent.
I grafici della giornata di ieri apparivano così.
Alibaba (BABA)
Tencent Holding (TCEHY)
Chiusure pesanti dappertutto, anche su società che non erano state coinvolte dalle azioni dirette del governo cinese.
Qui di seguito, per esempio, trovi il grafico di Kweichow Moutai società specializzata nella produzione e vendita di bevande alcoliche:
La prima frase che torna alla mente in questi casi è la quella di Baron Rothschild del 18esimo secolo:
“The time to buy is when there’s blood in the streets”.
Ma ci sta bene anche una delle citazioni di Warren Buffett:
“Be fearful when others are greedy, and greedy when others are fearful.”
Non è però sempre così semplice quando ci si trova nel mezzo della tempesta.
Tra l’altro non è un problema che una società può risolvere autonomamente, purtroppo si tratta di un evento esterno su cui il management può far poco e non ha nessun controllo.
Soprattutto c’è da convivere con il governo cinese ed è sempre difficile capire cosa effettivamente voglia fare.
Questo ovviamente porta gli investitori a uscire da società anche se queste stanno ottenendo ottimi risultati, per fare un paio di esempi:
- Alibaba cresce del 30% l’anno;
- Tencent cresce del 20% l’anno.
Non sono comunque convinto che la Cina vogliano auto-danneggiare i propri campioni nazionali.
Può essere che questi si riveleranno solo avvertimenti o moniti in stile 2018, quando sempre Tencent ebbe problemi con il governo sulle licenze dei videogiochi.
Se questa paura fosse reale non capirei come allora non averne anche per tutte le società straniere che operano in Cina.
Nike, Apple, Luis Vuitton, solo per citarne alcune di famose, sono tutte società che stanno crescendo molto nel paese orientale.
Negli ultimi giorni però non ho visto la stessa paura nei grafici di quelle società.
Il governo cinese preferisce danneggiare le proprie società e non società straniere che operano all’interno del suo territorio?
Molto, molto strano.
E’ anomalo anche il fatto che Charlie Munger ha investito in azioni di Alibaba proprio qualche mese fa tramite la società Daily Journal Corporation, di cui è il presidente.
L’investimento sbagliato capita a tutti, a 97 anni abbiamo visto che qualche colpo lo comincia a perdere visto che al recente meeting Berkshire Hathaway si è lasciato sfuggire chi è il successore di Warren Buffett.
Però nelle interviste degli ultimi anni ho sempre visto Munger molto entusiasta sulla Cina, addirittura secondo alcuni fin troppo entusiasta.
Tra l’altro sempre il braccio destro di Warren Buffett ha contatti molto stretti con chi la Cina la conosce bene.
Si tratta di Li Lu, investitore nato e cresciuto in Cina, fondatore di Himalaya Capital, fondo di investimento specializzato proprio nel mercato cinese.
In una recente conferenza Li Lu dichiarava quanto segue:
“China remains one of the best markets if you are a value investor.
The market is still underdeveloped and not representative of the real economy compared to the US.
Investors are also not as mature and there’s still a mentality of fast trading and high turnover.”
Stanno prendendo tutti una cantonata pazzesca?
Io non ho la sfera di cristallo ma sarà interessante rivedere fra qualche tempo come si è evoluta la situazione.
Sicuramente per investire in azioni cinesi è necessario essere consci dei rischi che si corrono, primi fra tutti:
- rischio paese;
- alta volatilità che, per i deboli di cuore, può essere causa di decisioni sbagliate.
Credo proprio che in questi casi una sana diversificazione e un’attenta allocazione del capitale sia la cosa migliore per proteggersi da spiacevoli sorprese.
Nel lontano 1996 Seth Klarman, gestore dell’hedge fund Baupost, dopo aver investito una parte del capitale del fondo in tre società russe, scriveva nella sua lettera agli investitori:
“Of course, because of the higher risk involved, we are limiting our overall exposure in Russia to a level where even a total loss would still be manageable.”
Certo, se il rischio paese ti spaventa, credo che la cosa migliore sia evitare del tutto situazioni come quella che stiamo vivendo dalla Cina con dolore.
Ci sono comunque ottime società sia in Europa che negli Stati Uniti che ti garantiscono un’esposizione alla crescita cinese senza dover investire direttamente nelle società cinesi.
Disclosure: long Alibaba, Tencent
Il presente contenuto è ai soli fini didattici e di discussione, fai le tue ricerche prima di investire (do your own research before invest).
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