I dazi di Trump spiegati
Chi vuole capire meglio i dazi che Trump ha intenzione di imporre alzi la mano.
(Silenzio. Solo il verso di qualche cornacchia in lontananza.)
Capisco. In un paese in cui l’attenzione è monopolizzata da TikTok, Instagram e l’ennesimo scandalo tra i Ferragnez, l’interesse per le politiche economiche internazionali non è esattamente alle stelle.
Eppure, i dazi che Trump vuole introdurre potrebbero avere conseguenze significative, non solo per gli Stati Uniti, ma anche per l’Italia, l’Unione Europea e molti altri paesi del resto del mondo.
Sappiamo bene com’è fatto il tycoon newyorchese: parte con dichiarazioni eclatanti per poi sedersi al tavolo delle trattative da una posizione di forza. Questo modo di trattare fa parte del dna di Trump e viene descritto molto bene nel suo libro intitolato l’arte di trattare (titolo originale The Art of the Deal).
Tuttavia, come Dario Fabbri ci ha spesso spiegato, e come abbiamo visto nel capitolo sulla geopolitica dedicato agli Stati Uniti, il presidente americano non ha chissà quali poteri.
Essendo però a capo della potenza egemone, anche le sue sole dichiarazioni possono avere un impatto significativo. Figuriamoci cosa può succedere se inizia a firmare ordini esecutivi a raffica.
Questo articolo è quindi dedicato a chiunque voglia approfondire l’argomento: un’occasione per mettere in ordine i fatti e analizzare cosa sta accadendo davvero.
COSA SONO I DAZI
Prima di tutto è utile spiegare che i dazi non sono altro che un’imposta che grava sull’importatore, il quale, in prima battuta, si ritrova con un aumento del costo del prodotto acquistato.
A quel punto, le alternative dono diverse:
- Cercare fornitori alternativi: può acquistare quei prodotti altrove, in tutto o in parte, magari privilegiando fornitori nazionali, che sarebbe anche l’obiettivo principale di Trump.
- Scaricare il costo sui clienti: può trasferire l’aumento di prezzo a valle, facendolo ricadere sui propri clienti, siano essi imprese o consumatori finali.
- Ridurre i propri margini di profitto: può decidere di assorbire parte dell’aumento, così come potrebbero fare le aziende a cui vende.
In realtà, l’importatore probabilmente adotterà una combinazione di tutte e tre queste strategie, in proporzioni variabili a seconda del settore e delle condizioni di mercato.
LA SITUAZIONE ATTUALE
Partiamo subito dal dire che Trump ha ereditato un paese in questa situazione e con questo deficit commerciale:
Un deficit commerciale si verifica quando le importazioni di un paese superano le esportazioni in un determinato periodo.
Nel caso degli Stati Uniti, non si tratta di una situazione occasionale, ma di un fenomeno persistente: infatti, il deficit commerciale è in una tendenza di crescita costante dalla metà degli anni ‘90.
Proprio per questo, già durante il suo primo mandato, Trump aveva tentato di introdurre dazi sulle merci importate da altri paesi.
Biden non solo li ha mantenuti, ma in alcuni casi li ha persino aumentati. Tuttavia, la dinamica complessiva non è cambiata.
L’immagine seguente evidenzia più nel dettaglio come questo deficit sia la conseguenza del surplus di molti altri paesi, prima fra tutti la Cina che vende agli USA molto più di quello che compra:
Casualmente Trump nei primi giorni del nuovo incarico ha messo dazi proprio a Canada, Messico e Cina e ora aspettiamo anche quelli verso l’UE, che nella classifica qui sopra è al terzo posto.
Come avevo scritto nell’articolo “USA e geopolitica, l’impero al suo apice“, queste azioni erano prevedibili e nascono da quel malessere dell’america profonda che Trump, da abile politico, ha saputo intercettare alla perfezione.
La retorica trumpiana era quindi quella di dare la colpa al resto del mondo, percepito come ingrato e incapace di comprendere i sacrifici americani.
Cosa se questo nuovo tentativo fosse, di fatto, l’ammissione da parte degli Stati Uniti che la loro volontà di governare il mondo sia giunto al termine e che non sono più la nazione indispensabile che avrebbero voluto essere, ma semplicemente un’altra grande potenza tra le altre.
Potrebbe sembrare una mossa sciocca, l’impero stesso che abdica dal suo ruolo come egemone.
Sembrerebbe strano anche a me, ma è sempre un errore sottovalutare le scelte di una nazione, bollandole come prive di logica.
LE POSSIBILITA’ A DISPOSIZIONE DEGLI USA
Quali sono le opzioni in mano agli Stati Uniti per migliorare un saldo commerciale in grave deficit?
Essenzialmente possono adottare le seguenti tre strategie:
- Svalutare il dollaro
Una svalutazione del dollaro renderebbe i prodotti americani più competitivi all’estero e, allo stesso tempo, renderebbe più costose le importazioni per i consumatori statunitensi.
Per l’Italia, questo equivarrebbe a un dazio implicito sulle esportazioni, perché i prodotti italiani diventerebbero automaticamente più costosi per gli americani. Anche il turismo, il nostro oro nero come direbbe qualcuno, ne risentirebbe, poiché per un turista statunitense soggiornare in Italia diventerebbe più oneroso. - Adottare politiche di austerità
Se il governo americano riducesse la spesa pubblica o aumentasse la pressione fiscale, diminuirebbe la quantità di denaro in circolazione. Questo porterebbe a una riduzione del potere d’acquisto dei cittadini, con una conseguente contrazione delle importazioni.
Anche in questo caso, l’effetto sarebbe simile a un dazio, poiché gli americani acquisterebbero meno prodotti italiani. Tuttavia, a risentirne sarebbe soprattutto il settore dei beni di lusso e il turismo, dato che una popolazione con meno risorse tende a ridurre le spese superflue. - Imporre dazi sulle importazioni
Questa sarebbe la soluzione più diretta e mirata. Ciò significa che eventuali dazi imposti agli Stati Uniti colpirebbero tutti i paesi dell’UE, chi più chi meno, Germania inclusa, quest’ultima che rappresenta il vero bersaglio delle politiche protezionistiche americane visto il suo enorme surplus.
In questo momento possiamo dire che il primo rimedio non sembra quello prescelto dalla nuova amministrazione americana e, anche sul mercato, il biglietto verde si sta mantenendo molto forte rispetto alle altre valute, una su tutte l’euro:
Il dollaro più che svalutarsi sembra diretto a rinforzarsi ulteriormente e magari arrivare verso traguardi (area 0,90) che in pochi fino a qualche tempo fa immaginavano.
Guardando agli ultimi eventi, la strategia adottata sembra essere una via di mezzo tra il secondo e il terzo punto: austerità, grazie al Department of Government Efficiency di Elon Musk, e dazi per trattare da una posizione di forza con gli altri paesi.
Per quanto riguarda il DOGE non so quanto potrà essere realmente efficace: il deep state, lo stato profondo, è un sistema radicato e complesso, difficile da smantellare, per quanto buona possa essere la volontà di chi ci prova.
Solo il tempo dirà se la strategia di Musk produrrà risultati concreti o si rivelerà più fumo che arrosto. Sappiamo che lui è un ottimo comunicatore e un genio del marketing, basta vedere le azioni Tesla come sfidano la gravità del value investing.
L’obiettivo di Musk sembra essere quello di replicare il “modello Milei”, che a colpi di motosega sta cercando di rimettere in carreggiata l’Argentina, osannato oltretutto poco tempo fa per aver licenziato 33.000 dipendenti pubblici.
Ma basterebbe guardare in casa nostra: con le politiche di austerità adottate negli ultimi 15 anni, in Italia il numero dei dipendenti pubblici è calato di ben 300.000 unità, senza tanto clamore mediatico.
Non sono così sicuro che a noi serva un Milei visto che con il lavoro ci siamo portati avanti un bel po’ di tempo fa…
LE CONSEGUENZE PER L’ITALIA
E per quanto riguarda l’Italia? Quali potrebbero essere le conseguenze?
Ovviamente nessuno ha la sfera di cristallo, ma un’analisi interessante è stata pubblicata dal Sole 24 Ore nella seguente tabella:
L’Italia potrebbe evitare dazi diretti, ma non quelli indiretti.
Grazie ai buoni rapporti tra il governo italiano e l’amministrazione statunitense, è probabile che il nostro Paese sfugga a misure protezionistiche mirate.
D’altra parte, se Trump dovesse davvero colpire l’Unione Europea, con la Germania nel mirino, l’impatto si farebbe sentire anche da noi, considerando quanto la nostra filiera manifatturiera sia intrecciata con quella tedesca.
Dazi diretti no, dazi indiretti probabilmente sì. Vedremo.
CONCLUSIONI
Non farti influenzare dai titoloni dei nostri giornali che parlano addirittura di guerra mondiale in ambito commerciale!
Al di là dei toni come sempre terroristici della nostra stampa fare previsioni su quello che sarà è sempre complesso: l’economia mondiale è dinamica, un organismo vivo e pulsante che si evolve e si adatta ai cambiamenti.
Nulla accade in un contesto statico. Non esiste una regola del tipo “a parità di condizioni, xyz dovrebbe accadere”, perché le condizioni cambiano continuamente.
A proposito di economia, Warren Buffett sottolineava come, tirare un filo, generi una serie di reazioni difficili, se non impossibili, da prevedere.
La vera domanda da porsi quando si modifica una politica economica è: “E poi cosa?”
Ricordo ancora tutte le previsioni fatte nel lontano 2018 su come si sarebbe evoluta la politica commerciale e su chi sarebbero stati i vincitori e i perdenti nei vari settori.
E in effetti c’è sempre chi vince e chi perde in ogni contesto ma la realtà è questa: vedi forse l’effetto dei dazi riflesso da qualche parte nell’indice S&P 500?
Ecco, questo è l’indice che rappresenta quasi il 70% della capitalizzazione in molti ETF globali. Dal 2016, anno di inizio del primo mandato di Trump, il suo valore è triplicato.
Alla fine, ciò che realmente conta sono gli utili delle aziende che abbiamo in portafoglio o di quelle presenti nei nostri ETF azionari.
E con buona probabilità, tra dieci anni, questi utili saranno complessivamente più alti di quelli attuali.
Non lasciamoci quindi distrarre dai fiumi di parole scritti sui dazi di Trump.
Anzi prendiamola in ridere grazie ai meme che girano in rete, questi sì ottima invenzione del nostro tempo che ci aiuta a fare due risate:
Con disciplina e costanza, l’importante è continuare a investire seguendo la propria pianificazione finanziaria, concentrandoci sulle poche cose che possiamo controllare e mantenendo la rotta.
Il presente contenuto è ai soli fini didattici e di discussione, fai le tue ricerche prima di investire (do your own research before invest).
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